CATEGORIE DI QUOTE DI S.R.L. NON PMI
Commissione Massime di Diritto Societario – Consiglio Notarile di Roma
(approvata il 18 luglio 2024)
Categorie di quote di s.r.l. non PMI.
“E’ valida la clausola dell’atto costitutivo di s.r.l. che preveda la facoltà per la società di emettere categorie di quote anche qualora non sia qualificabile come PMI”.
- La quota di s.r.l., coerentemente con la rilevanza della persona del socio nell’ambito della disciplina originaria contenuta nella riforma societaria, presenta carattere personale, con esclusione quindi della possibilità di una sua standardizzazione o di una emissione in serie.
Inoltre uno dei profili peculiari della disciplina delle s.r.l. è rappresentato dalla previsione dei diritti particolari attribuibili a determinati soci in funzione appunto della persona del singolo socio. Diritti che possono avere un contenuto patrimoniale o corporativo e che, essendo legati alla persona del socio, si estinguono nel caso della trasmissione della quota (art. 2468, terzo comma, c.c.).
Un primo interrogativo, relativamente all’area di autonomia statutaria concessa ai soci, riguarda la facoltà di rendere trasmissibile il diritto particolare unitamente alla quota.
Un secondo, più complesso, interrogativo riguarda la possibilità di emettere categorie di quote e quindi di creare “per via statutaria classi di partecipazioni standardizzate e caratterizzate dall’incorporazione (a prescindere dalla persona del relativo titolare) di diritti particolari” (DONATIVI, I diritti particolari dei soci, in Le società a responsabilità limitata a cura di C. Ibba e G. Marasà, I, Milano, 2020, p. 893).
Accanto alla presenza di diritti particolari attribuiti a singoli soci è possibile quella di diritti attribuiti impersonalmente ad un gruppo di soci e precisamente ai titolari di una categoria di quote che incorporino tali diritti?
Parte della dottrina, in particolare prendendo le mosse dall’ampia autonomia statutaria concessa ai soci di s.r.l., ha dato risposta positiva (v., per tutti, DACCO’, I diritti particolari del socio nelle s.r.l., in Liber Campobasso, 3, Torino, 2006, p. 400 ss.; NOTARI, Diritti “particolari” dei soci e categorie “speciali” di azioni, in AGE, 2003, p. 326 ss.). Altra parte della dottrina si è espressa in senso negativo (v., per tutti, ANGELICI, La riforma delle società di capitali. Lezioni di diritto commerciale, Padova, 2003, p. 44 ss. e, di recente, DONATIVI, op. cit., p. 894 ss.).
Gli argomenti fondamentali utilizzati per giustificare la risposta negativa sono, da un lato, il carattere imperativo della disciplina relativa ai diritti particolari e, dall’altro, la natura personale della partecipazione del socio di s.r.l., che collega quindi la singola partecipazione al singolo socio e vieta la creazione di quote di categoria e pertanto standardizzate ed impersonali.
Il primo argomento appare opinabile e non facilmente coniugabile con l’autonomia statutaria concessa ai soci: la stessa formulazione della norma, contenuta nell’art. 2468 c.c., sembra semplicemente prevedere l’ammissibilità dei diritti particolari senza nulla dire in ordine ad una presunta loro “esclusività”. Maggior peso sembra avere il secondo argomento, data la rilevanza della persona del socio come tratto fondamentale della “nuova” s.r.l.. Tuttavia, questa conclusione poteva essere appunto coerente con la disciplina e prima ancora con i caratteri della s.r.l. quali delineati dal legislatore della riforma: una società necessariamente chiusa, che non poteva fare appello al pubblico risparmio, che non poteva emettere azioni e in cui assumeva valore centrale la persona del socio.
Oggi lo stesso Autore, ora richiamato, sottolinea come l’inammissibilità dell’emissione di categorie di quote sia venuta meno almeno per s.r.l. P.M.I. per espressa previsione normativa (DONATIVI, op. cit., p. 900). Ed, in effetti, man mano che il legislatore ha ristretto il divieto di offrire al pubblico le proprie partecipazioni ha contemporaneamente previsto la possibilità di emettere categorie di quote con diritti speciali: così, prima per le start up innovative, poi per le P.M.I. innovative e, infine, per tutte le P.M.I..
Come è stato osservato, la possibilità di emettere categorie di quote dovrebbe essere intesa nel senso più ampio e quindi comprensiva dell’ammissibilità della standardizzazione delle medesime sia sotto il profilo quantitativo sia sotto quello qualitativo e quindi con riferimento ai diritti e al valore nominale (ABU AWWAD, Quote di partecipazione, categorie di quote e diritti particolari, in Trattato delle società diretto da V. Donativi, III, Milano, 2022, p. 236 ss.).
- La possibilità di offerta al pubblico delle partecipazioni pare inconciliabile con il carattere personale della quota. Se le partecipazioni possono essere liberamente offerte sul mercato dei capitali di rischio mediante il crowdfunding, o altre forme, le stesse diventano (come si esprime lo stesso legislatore) prodotti finanziari o addirittura valori mobiliari e rappresentano un bene oggettivo che non ha più un legame con la persona del socio.
- Rimane aperto il problema se, in ogni caso, devono sussistere, al fine di mantenere l’identità tipologica delle s.r.l., partecipazioni o almeno una partecipazione di tipo tradizionale, e quindi personalizzata (in questo senso, da ultimo, CIAN, Un nuovo vulmus all’identità tipologica della s.r.l., in comm., 2024, II, p. 505 ss.).
- Come è noto, il Regolamento UE 7 ottobre 2020, n. 1503, cd. Regolamento ECSP European Crowdfunding Service Providers, contiene la disciplina dei fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese. Il d.lgs. 10 marzo 2023, n. 30, nel dare attuazione al Regolamento, ha introdotto varie modificazioni al Testo Unico della Finanza (n. 58/1998): in particolare, è stato modificato l’art. 100 ter sulle offerte di crowdfunding.
Il primo comma di tale norma recita: “in deroga a quanto previsto dall’art. 2468, primo comma, del codice civile, le quote di partecipazione in società a responsabilità limitata possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso le piattaforme di crowdfunding, nei limiti previsti dal Regolamento (UE) 2020/1503”. Come risulta dal testo, ora riprodotto, la deroga al divieto di offrire al pubblico le proprie partecipazioni si estende oggi alle società a responsabilità limitata senza ulteriori specificazioni. Inoltre, la norma richiamata prevede per queste ultime la modalità di trasferimento delle partecipazioni intermediata per le quote acquisite tramite crowdfunding.
Il legislatore pertanto ha stabilito che anche le s.r.l. non PMI possono offrire al pubblico le loro partecipazioni, ma non ha esteso espressamente ad esse la regola relativa all’ammissibilità di emettere categorie di quote. Ed ancora, la Legge Capitali ha introdotto la possibilità della circolazione dematerializzata delle categorie di quote di s.r.l., limitatamente però a quelle PMI (cfr. BRIZZI, La dematerializzazione delle quote di S.r.l. PMI, in Le società, 2024, p. 785 ss.).
Tuttavia, pare ammissibile in sede interpretativa ritenere che anche le s.r.l. non PMI possano emettere categorie di quote.
Ciò, in primo luogo, si può dedurre dalla stretta correlazione, sempre presente nei vari testi normativi anteriori, tra carattere aperto della società e ammissibilità della presenza di categorie di quote, che rappresentano uno strumento fondamentale per l’offerta al pubblico delle partecipazioni.
Soprattutto, come si è già osservato, la possibilità di offerta al pubblico dimostra il carattere impersonale della quota e quindi elimina l’ostacolo fondamentale che conduceva a ritenere che la s.r.l. non potesse emettere categorie di quote.
Inoltre, una differente tesi porterebbe a disparità di trattamento non facilmente giustificabili tra:
- società aperte che possono emettere categorie di quote e società aperte che non possono emetterle;
- r.l. chiuse PMI che possono emettere categorie di quote e s.r.l. aperte non PMI che non potrebbero emetterle.
Soprattutto quest’ultima contraddizione sembrerebbe suggerire un’interpretazione costituzionalmente orientata. Sarebbe infatti in qualche misura paradossale che le società chiuse (che quindi non offrono al pubblico le loro partecipazioni) possano emettere categorie di quote, quindi partecipazioni standardizzate e non possano emetterle le società aperte (almeno se non PMI).