Egli diceva infatti che il notaio è un testimonio privilegiato, meritevole di speciale fiducia, «ma perché egli sia pari all'altezza delle sue funzioni, deve essere singolarmente probo ed abbastanza colto, poiché non può esistere fiducia senza probità, allo stesso modo che questa, non accompagnata dalla dottrina, si risolve in insufficienza e miseria».
Né deve trarre in inganno l'«abbastanza» riferita a «colto», se si tiene presente che l'Anselmi lasciò alla biblioteca provinciale di Viterbo la sua preziosa raccolta, comprendente ben 5.850 volumi e fu egli stesso autore di prestigiose pubblicazioni scientifiche.
La prima opera dell'Anselmi è ormai un classico della letteratura notarile contemporanea: si tratta dei «Principi d'arte notarile», la cui prima edizione (Roma 1921) fu seguita da numerose altre (Roma 1922, Roma 1927, Viterbo 1933, Roma 1950, quest'ultima riveduta ed aggiornata a cura dell'Avv. E. Bellucci e dal Notaio B. Checchi, con l'introduzione del Notaio A. Giuliani).
Seguirono monografie e saggi dedicati a problemi particolari, principali tra i quali: «Gli esami di stato per i notari» (Viterbo 1925), Le scuole di notariato in Italia (Viterbo 1926), In difesa del notariato (Viterbo 1927) ripubblicato con il titolo «Il notariato in un sogno cattivo», in Riv. not.., 1958, p. 684 e ss., «Gli autoveicoli, i contratti di trasferimento e i privilegi» (Viterbo 1930), «La giurisdizione volontaria» (Viterbo 1985).
Particolare importanza rivestono infine due opere, di larga impostazione culturale e di eccezionale ricchezza di informazione e dottrina: la «Bibliografia del notariato pratico» e il «Dizionario pratico del notariato».